25 Novembre 2024
La fascia d’età maggiormente colpita è quella tra i 30 e 49 anni, seguita da quella tra i 50 e i 56. Sono diplomate e alcune laureate, di diverse estrazioni sociali, perlopiù italiane. La violenza di genere non è questione sociale, insomma, ma culturale: coinvolge donne di ogni ceto e provenienza. A tutte le latitudini e classi sociali. Oggi, nella giornata internazionale contro la violenza di genere, del problema, almeno di quello, si è preso coscienza: sono tanti gli appuntamenti di sensibilizzazione organizzati, i video di denuncia, le riflessioni aperte. Ma c’è ancora tanto da fare a giudicare dai numeri forniti dal centro antiviolenza La Libellula di Sulmona che quest’anno ha visto bussare alle sue porte 72 donne, 16 in più dello scorso anno. In aumento anche il centro Donna di Castel di Sangro con i suoi 23 casi e stabile, ma con diverse ospiti minorenni, il bilancio del centro antiviolenza LiberaDiosa sempre a Sulmona. Nel capoluogo peligno è attiva dal 2015 d’altronde la prima casa rifugio d’Abruzzo che nel 2024 ha ospitato 8 donne e 10 minori. Violenza che non ha sempre occhi neri e bare, come forma ed epilogo, ma che si alimenta anche con le pressioni psicologiche, le pretese sessuali e il ricatto economico. Non a caso la metà circa delle vittime non ha un lavoro stabile e un’indipendenza finanziaria. Gli aguzzini in gran parte si celano dentro le mura domestiche: compagni e mariti, perlopiù, ma anche fratelli e padri. Tutti vittime e carnefici di una cultura del possesso, tramandata silenziosamente da generazione a generazione e non più compatibile con un mondo che rivendica parità e rispetto tra i sessi. Quei numeri in aumento, in fondo, sono anche e soprattutto frutto dell’emersione del problema e del disagio, una presa di coscienza di un male per il quale bisogna ancora trovare la cura.